Kafalah e il ricongiungimento familiare

La Cassazione a Sezioni Unite ha riconosciuto il diritto al ricongiungimento familiare in favore del minore affidato con provvedimento di kafalah ad un cittadino italiano residente in Italia (Cassazione, sentenza n. 21108/2013, secondo cui: “non può essere rifiutato il nulla osta all’ingresso nel territorio nazionale, per ricongiungimento familiare, richiesto nell’interesse di minore cittadino extracomunitario affidato a cittadino italiano residente in Italia con provvedimento di kafalah pronunciato dal giudice straniero nel caso in cui il minore stesso sia a carico o conviva nel paese di provenienza con il cittadino italiano ovvero gravi motivi di salute impongano che debba essere da questi personalmente assistito”).

La Cassazione ha giustamente osservato come il differente trattamento tra stranieri e italiani nel rilascio dei visti, violi prima di tutto il principio del superiore interesse del minore (art. 3 convenzione CRC) e come non sia legittimo discriminare i minori in kafala rispetto ad altri minori stranieri solo perché provengono da paesi di diritto islamico.

Per le Sezioni Unite, non si può escludere in via assoluta che un cittadino italiano possa ricongiungersi con un minore extracomunitario affidato con provvedimento di kafalah. Una simile preclusione assoluta sarebbe contraria al principio di eguaglianza e determinerebbe una disparità di trattamento “nei confronti di minori bisognosi di protezione cittadini di paesi islamici”. Non solo. Per la Cassazione si correrebbe anche il rischio di una discriminazione.

La Cassazione ha precisato che in casi del genere deve applicarsi il Decreto Legislativo n. 30/2007, che prevede appunto che gli stranieri, familiari di cittadini italiani, possono ottenere il ricongiungimento se sono discendenti diretti di età inferiore ad anni 21 oppure a carico, nonchè i discendenti del coniuge o del partner che abbia contratto un’unione registrata equiparata al matrimonio.