Concorsi pubblici, favorire candidati è abuso d’ufficio: ecco cosa si rischia

Abuso d’ufficio

La sesta sezione penale di cassazione lo scorso 22 gennaio si è espressa su un caso di abuso di ufficio dal rilievo probatorio molto complesso all’interno del settore dei pubblici concorsi, dove spesso le accuse arrivano da dichiarazioni “parziali” fornite dagli esclusi. “In genere questo tipo di ricorsi appartiene alla sfera del diritto amministrativo, e l’impugnazione di una graduatoria è di competenza solo del tribunale amministrativo.  In presenza di rilievi penali bisogna valutare con estrema attenzione il quadro probatorio e la natura delle indagini, che non si limitano certo alla sola denuncia delle presunte parti lese. Si tratta di una tipologia di reato di cui ci occupiamo spesso – sostiene l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, esperto di diritto penale sia a livello nazionale che internazionale – soprattutto quando si tratta di soggetti legati all’apparato della pubblica amministrazione. In questa sentenza si ribadiscono alcuni concetti chiave per comprendere il pronunciamento di legittimità della Corte nei casi di specie”.

L’imputato è un noto primario di un importante istituto sanitario piemontese, accusato di aver “truccato” – in qualità di presidente di commissione – il concorso pubblico bandito dalla locale Asl per l’assunzione di quattro medici specialisti. Il tribunale di Torino aveva ordinato l’applicazione di una misura cautelare per sei mesi ai sensi dell’art. 289 cod. proc.(sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio), il primario aveva – in seguito a tale misura – chiesto ricorso per cassazione.

Il fatto

Il fatto: il presidente di commissione, primario 57enne di Aosta, ha intenzionalmente tentato di procurare un danno ingiusto a tre candidati al concorso, proponendo una prova scritta con 50 quiz a risposta multipla, dopo averne preventivamente rilevato il contenuto ad altri quattro candidati ai quali era stata così conferita una posizione di vantaggio.

Aggiungeva il Tribunale – nella misura oggetto di ricorso – “che la palese inclinazione dell’indagato all’illecito, l’atteggiamento autoritario dallo stesso tenuto durante lo svolgimento della procedura concorsuale, la pervicacia dallo stesso manifestata nel favorire taluni di candidati anche nell’espletamento della prova orale ed il fatto che lo stesso avesse conservato il ruolo di primario del reparto di ostetricia e ginecologia nel quale dovevano essere effettuate quelle assunzioni, rendevano Concorsi pubbliciconcreto ed attuale il pericolo di recidivanza da contrastare con l’applicazione della indicata misura interdittiva.  La difesa – in opposizione a tale valutazione – ha impugnato il vizio di motivazione, per avere il Tribunale valorizzato una serie di elementi tra essi scollegati, ciascuno dei quali privo di univoca valenza dimostrativa: in specie, per avere basato la ricostruzione della vicenda sulle dichiarazioni dei soggetti esclusi dal concorso e asseritamente danneggiati dall’operato dell’indagato. La difesa ribadiva “che le presunte vittime  avevano avuto un chiaro interesse a fornire una versione falsata, insieme alle deposizioni di altre persone informate a vario titolo interessate a riscontrare l’impostazione accusatoria; per non avere considerato che la scelta di effettuare la prova scritta con quiz a risposta multipla anziché con temi a risposta sintetica, fosse stata presa concordemente da tutti i componenti della commissione”. La difesa opponeva, inoltre, la reale sussistenza di una rivelazione del contenuto di quei quiz dai risultati delle prove scritte adducendo la diversa preparazione dei candidati, e ciò senza che neppure avesse rilevanza il fatto che alcuni di essi avessero in precedenza collaborato professionalmente con il primario”.

La Cassazione

La cassazione ha respinto il ricorso della difesa e nella sentenza viene stabilito il principio di diritto giurisprudenziale secondo il quale “in tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi.  La decisione non può perciò prescindere dalla valutazione di ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porre in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo, quello secondo il quale il sindacato di legittimità sulla gravità, precisione e concordanza della prova indiziaria è limitato alla verifica della correttezza del ragionamento probatorio del giudice di merito, che deve fornire una ricostruzione non inficiata da manifeste illogicità e non fondata su base meramente congetturale in assenza di riferimenti individualizzanti, o sostenuta da riferimenti palesemente inadeguati”. Il presidente di una commissione di valutazione concorsuale di pubblica evidenza dunque risponde dell’accusa di abuso di ufficio a prescindere dall’esito della graduatoria (il reato infatti fu ritenuto solo tentato) con la sospensione di sei mesi da qualsiasi attività pubblica.