Protezione internazionale per gli omosessuali perseguitati nel proprio paese di origine: ecco come ottenere lo status di rifugiato

Omosessualità come reato

Se l’omosessualità è considerata reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza, ciò costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione internazionale. L’omosessualità della parte e la condizione dei cittadini omosessuali nella società del Paese di provenienza e lo stato della relativa legislazione vanno rigorosamente provati.

La sesta sezione della Corte di Cassazione ha espresso parere di legittimità sul caso di un cittadino straniero che ha proposto ricorso contro il pronunciamento della Corte d’appello che aveva negato la protezione internazionale, con particolare riferimento alla protezione sussidiaria, sebbene il richiedente corresse seri pericoli in caso di ritorno in patria per la sua condizione di omosessuale, ed ancorché la situazione sociale e politica in Nigeria fosse connotata da episodi di violenza e di intolleranza nei confronti degli omosessuali.

Status rifugiatoAi fini della concessione della protezione internazionale devono essere acquisite – a tal fine – le prove, necessarie allo scopo di conclamare la circostanza della omosessualità del richiedente, e di accertare la condizione dei cittadini omosessuali nella società del Paese di provenienza e lo stato della relativa legislazione, nel rispetto del criterio direttivo della normativa comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale (Cass., 20/09/2012, n. 15981).

Uman Rights Watch

Il rapporto Uman Rights Watch del 2017 pubblica ogni anno un aggiornamento sulle legislazioni internazionali in materia di persecuzione di genere. Tra questi stati c’è anche la Tanzania, anche se alla fine il lancio di una grande caccia all’omosessuale sul territorio che amministra da parte del governatore Paul Makonda pare si sia sgonfiato. Questa caccia si sarebbe dovuta avviare a partire da una lista di un centinaio di nomi redatta grazie a oltre 5mila delazioni da parte di cittadini. Makonda ha anche promesso di costituire una squadra speciale di 17 persone per individuare gay e lesbiche sui social network. E altre minacce hanno colpite le persone che si prostituiscono.

Dopo le denunce delle organizzazioni per i diritti umani e le pressioni soprattutto dell’Unione Europea (UE), il governo ha rassicurato l’opinione pubblica mondiale: il ministero degli esteri ha liquidato tutto come una “opinione personale” di Makonda e ha assicurato che la Tanzania “continuerà a rispettare tutti gli accordi internazionali sui diritti umani firmati e ratificati“… senza però accennare al fatto che i rapporti omosessuali nel paese continuano a essere puniti anche con l’ergastolo.

Lo studio legale internazionale ILA – coordinato dall’avvocato Alexandro Maria Tirelli, esperto in diritto penale – ha affrontato diversi casi di persecuzione di genere e tratta procedure per il riconoscimento dello status di rifugiati.