Stalking o corteggiamento non corrisposto? Ecco cosa sostiene la cassazione

Qual è il confine che separa il reato di stalking da un insistente corteggiamento non corrisposto?

Il 12 luglio 2016 la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza di condanna di un soggetto alla pena di mesi sei di reclusione per reato di cui all’art. 612 bis c.p., perchè, con condotte reiterate, molestava una ragazza, così da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia e di paura, costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita (come recita il testo della legge).

“Si tratta di uno dei reati penali di cui siamo specializzati e aggiornati – spiega Alexandro Maria Tirelli, avvocato penalista esperto di diritto internazionale – e la pronuncia della Cassazione sulla differenza di atteggiamenti comportamentali dei soggetti sotto indagine ci impone continui aggiornamenti in materia di valutazione del reato. In questa sentenza specifica l’imputato, lamentando, con un unico motivo, l’errata applicazione della legge penale (ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, in relazione all’art. 612 bis c.p.): le azioni poste in essere dal ricorrente, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale, configuravano, piuttosto, un corteggiamento non corrisposto, ma sicuramente non tale da determinare nella parte offesa uno stato di ansia ed una modifica delle proprie abitudini di vita; il ricorrente non poneva mai in essere un comportamento minaccioso, aggressivo o molesto, e le azioni venivano compiute nell’arco di tre giorni, tempo sicuramente non sufficiente a scatenare uno stato di ansia grave e perdurante, così come indicato dalla norma incriminatrice, anche in considerazione dell’assenza di offensività delle suddette azioni”. Ecco dunque il recente pronunciamento della Cassazione.

stalkingLa Corte territoriale

dopo aver dato conto delle condotte poste in essere dall’imputato nei confronti della presunta vittima ha però esposto le ragioni per le quali tali condotte sono da ricondursi al reato di stalking in contestazione. In particolare, la sentenza impugnata – ritenuta la ricostruzione degli avvenimenti – ha posto in evidenza con assoluta chiarezza il crescendo dei comportamenti invasivi della libertà personale e della sfera personale della persona offesa da parte dell’imputato, comportamenti via via sempre più ossessivi, tradottosi in appostamenti, pedinamenti, avvicinamenti anche fisici, apprezzamenti;

Sul punto è sufficiente richiamare i principi affermati da questa Corte, secondo cui, ai fini della integrazione del reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) non si richiede l’accertamento di uno stato patologico, ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima (Sez. 5, n. 18646 del 17/02/2017).

La Cassazione

Per quanto concerne, poi, il breve arco temporale nel quale le condotte sono state poste in essere, la Cassazione ha più volte evidenziato come sia configurabile il delitto di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto (anche nell’arco di una sola giornata).